Col pretesto di difendere la minoranza drusa in Siria, oggetto di attacchi sia parte del regime targato Isis che ha preso il potere a dicembre, Israele bombarda obiettivi nell’area incluso il quartiere generale delle forze armate a Damasco. Siamo all’inizio di una invasione? Diremmo di sì, visto che nel progetto della Grande Israele caldeggiato dai vertici di Tel Aviv c’è l’annessione della Siria e probabilmente lo scontro diretto con l’Iran in territorio iracheno anche – e soprattutto- con finalità religiose: ma il pubblico è ancora convinto che l’unica teocrazia in Medio Oriente sia lo stesso Iran. Naturalmente la cosiddetta comunità internazionale non va oltre, come nel caso della “guerra dei dodici giorni” dello scorso mese, generiche dichiarazioni di condanna.
di Elena Tempestini
Il 16 luglio 2025, l’Israel Defense Forces (IDF) ha condotto raid aerei mirati sulla periferia di Damasco, colpendo la sede del Ministero della Difesa e altre strutture militari strategiche, in un’operazione definita come “colpi dolorosi” dal ministro della Difesa Israel Katz. L’attacco è stato motivato ufficialmente come difesa delle popolazioni Druze. Ma principalmente l’attacco e’ per contrastare l’influenza iraniana e impedire il trasferimento di armi avanzate ai suoi alleati nella regione, in particolare Hezbollah. La situazione in Siria rimane una priorità per Israele a causa del suo confine condiviso e delle minacce percepite e nonostante gli interventi israeliani, l’Iran continua a rafforzare la sua presenza in Siria, rendendo la situazione ancora più complessa, Israele ha dichiarato:
“Le avversità sono finite, ora arrivano colpi dolorosi”. Un messaggio chiaro: non tollereranno minacce a comunità affini, anche al di là del Golan.
I bersagli hanno incluso la sede del Ministero della Difesa e aree intorno al palazzo presidenziale di Damasco, finalizzati a neutralizzare la capacità operativa delle forze siriane impegnate nei combattimenti a Sweida.
Secondo fonti Reuters, si trattava di strike “potenti” con l’obiettivo di impedire l’ingresso delle truppe governative nel sud.
Le operazioni israeliane in Siria, rientrano in una strategia preventiva: mantenere la Siria meridionale priva di forze che possano minacciare il Golan o rafforzare i proxy iraniani. La Turchia ha denunciato lo strike come un “sabotaggio della pace” siriana, minando tentativi di stabilità post-Assad. USA ed EU hanno espresso “grave preoccupazione” ed esortato al contenimento. La Siria ha definito l’attacco una “violazione flagrante della sovranità”.
Israele ha attuato un messaggio militare forte, ma accompagnato da una narrazione di protezione druza, passando da minacce a operazioni tangibili. Questo dualismo rafforza la sua legittimità domestica e mette pressione sul governo. Mantenimento della superiorità militare regionale, garantendo buffer zone funzionali. Shift da guerra di precisione a deterrenza preventiva, anche nel cuore della capitale nemica. Rischio di escalation controllata, ma con margini su un perimetro circoscritto: obiettivi simbolici e tattici.
Equilibrio diplomatico teso: supporto delle potenze occidentali che garantisce un margine operativo corporeo a Israele. Le popolazioni druze sono una comunità religiosa e culturale minoritaria presente principalmente in Siria, Libano, Israele e Giordania. In Siria, i drusi sono concentrati nella regione meridionale di Suwayda (Sweida), nota anche come “Jabal al-Druze”, un’area montuosa a maggioranza drusa.
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