Dilettanti pericolosi

Dilettanti pericolosi

Le ultime settimane, a livello di politica internazionale, sono state decisamente inconsuete

Se escludiamo il periodo in cui il presidente degli Stati Uniti era Bush figlio, probabilmente uno dei più deprecati grazie alla sconsiderata idea di invadere l’Iraq, in genere le relazioni tra America ed eurocrati sono sempre state caratterizzate da dichiarazioni pressoché identiche tutte orientate a ribadire la necessità di rimanere uniti e fare tutti la stessa cosa. Soprattutto dopo la fine della Guerra Fredda, almeno della prima Guerra Fredda, in seguito al crollo dell’Unione Sovietica. Crollo che, a livello di gestione del continente europeo, vide la conduzione della nascente Unione affidata a Francia e Germania, le quali hanno usato il carrozone politico di Bruxelles come sostanziale appendice dei propri interessi nazionali. E così è stato fino a quel fatidico febbraio del 2022, quando a torto o ragione la Russia attacca la Repubblica Ucraina.

In un attimo finisce il ruolo della Germania come mediatore dei flussi di gas e petrolio provenienti dalla Russia, mentre la Francia si vede cacciare da tutta una serie di tradizionali feudi africani tra cui Mali e Burkina Faso, con un bel po’ di danni in termini di mancate commissioni sul Franco Africano.

Ma a livello di eurocrazia si sono già inseriti da tempo nuovi attori, prima tra tutti l’Olanda di Mark Rutte. Strano personaggio, Rutte: formalmente di centro-destra, ha tuttavia implementato per anni una politica economica oltranzista e suicida volta a sradicare (è proprio il caso di dirlo) l’agricoltura olandese insieme all’industria dell’allevamento con l’immancabile pretesto dell’anidride carbonica e del fantomatico cambiamento climatico. Che poi, impedire di coltivare in Europa è solo il modo per favorire qualche multinazionale comunque europea (meglio se francese o tedesca o spagnola) che coltiva in Africa a costi minori massimizzando i profitti, lo stesso succede per la carne e per tutti quei beni che non possono essere più prodotti nel continente.

Torniamo a noi. Francesi e tedeschi, pur credendo di parlare a nome del resto dell’Unione si trovano inaspettatamente messi in minoranza dalla stessa Commissione, che per la prima volta scavalca apertamente i governi pretendendo l’obbedienza di quelli che ne hanno determinato le politiche in passato. L’America di Biden e gli eurocrati fanno una voce sola contro la Russia violatrice del diritto internazionale e promettono guerra e sanzioni. Gli americani stessi, pur rifiutandosi di inviare truppe sul campo (almeno per quanto se ne sa), inondano l’Ucraina di armamenti di seconda linea, l’Unione Europea fa altrettanto illudendosi di ricevere ricchi appalti per il “dopo”, ammesso che un “dopo” ci sarà.

Passano i mesi e questo conflitto assume i tratti di una guerra di posizione: la Russia occupa poco meno di un quinto del territorio ucraino e si determina uno stallo. I russi non possono marciare su Kiev e soprattutto non possono avvicinarsi ai confini dei Paesi Nato, pena l’intervento diretto dell’Alleanza. Alcuni dei leader europei più fanatici iniziano a farneticare di intervenire direttamente nel conflitto, ma almeno fino a marzo 2025 sembra che non siano mai andati oltre l’invio di istruttori e mercenari. Mercenari che peraltro sono abbondantemente presenti da tutti e due i lati della barricata , descritti come eroi o criminali a seconda della prospettiva.

Se il famigerato 2020 ha provocato danni irreversibili all’economia mondiale, la guerra in Ucraina ne rappresenta il diretto proseguimento in termini di speculazioni sulle materie prime a cominciare dal petrolio, una speculazione che a tre anni di distanza non è ancora terminata. Non bastasse questo, tanto negli Stati Uniti quanto da noi le banche centrali col pretesto di arginare l’inflazione ne provocano ancora di più con un rialzo dei tassi di interesse che definire demenziale è riduttivo. Già negli anni Settanta, alla fine di due decenni di crescita ininterrotta, era evidente che per deprimere l’economia reale basta premere due bottoni: rincaro del prezzo dell’energia, aumento dei tassi di interesse. Col risultato ovvio che tutto il continente è entrato in una spirale recessiva di cui non si vede a tutt’oggi la fine nonostante qualche recente ribasso del costo del denaro. Ma non è successo solo quello: gli attacchi da talebani contro le automobili con motore diesel o benzina hanno fatto sì che l’intero comparto produttivo venisse praticamente azzerato senza nessuna contropartita in termini di clientela verso le inutili auto elettriche che pure gli eurocrati vorrebbero imporre per legge. Stiamo parlando di decine di migliaia di posti di lavoro perduti in tutta Europa solo per correre dietro a una chimera. Oppure, come sostiene qualcuno, per ridurre drasticamente il diritto alla mobilità individuale. Mac’è chi prospetta un altro scenario: la fine della produzione di automobili in Europa serve per mettersi a costruire carri armati e missili da impiegare in una futuribile guerra contro la Russia.

Come abbia già scritto in precedenza, l’altro grande obiettivo degli eurocrati sono le case della gente. Pochi ricordano che tra cinque anni entrerà in vigore la direttiva in base alla quale i proprietari saranno costretti ad affrontare inutili e costosi lavori di adeguamento che la maggior parte di loro non può permettersi. Ci aspettiamo che “casualmente” chi ha una casa da adeguare, ma non può permettersi di eseguire gli interventi, riceverà un’offerta da qualche immobiliare: del genere noi ti facciamo i lavori e rileviamo la tua abitazione al nostro prezzo, tu continuerai ad abitarci pagando l’affitto. La politica, essendo complice, ovviamente tace. Meglio dividersi sul tema dell’immigrazione.

Ma ci sono altre rincorse che solo il cataclisma del 2020 poteva rendere possibili. La prima è il controllo sempre più stringente sull’informazione, attuato con pretesti come il contrasto alla pedo-pornografia, dove tra non molto ogni utente di internet sarà costretto a identificarsi prima di ogni accesso (fortunatamente è caduta l’idea da parte del governo italiano di imporre l’uso dello spid per accedere ai siti porno, ma chissà), le notizie non gradite vengono già oggi irrimediabilmente contrassegnate dall’accusa di falsità o di essere propalate da ambienti vicini alla Russia. La seconda è un apparente sovvertimento dei risultati elettorali che sta avvenendo in molti Paesi. Si è fantasticato dell’esistenza di uno “scudo” a livello di Unione contro i partiti critici verso l’operato degli eurocrati, attuamente a Bruxelles negano l’esistenza di una cosa simile, ma come commentare le coalizioni improvvisate di tutti-con-tutti pur di arginare i cosiddetti sovranisti (Francia, Austria, Germania)? Come commentare il fatto che si arriva ad arrestare il vincitore sgradito alle presidenziali in Romania accusandolo di essere filo-russo? Comunque la si pensi sulla Russia e sui sovranisti in sé, è chiaro che esiste un qualche tipo di regia per impedire la salita al governo di formazioni sgradite. Cosa diranno poi queste formazioni sgradite di tanto scomodo? Lasciando da parte la ruota da criceti dell’immigrazione, questi partiti semplicemente affermano che non possiamo distruggere l’economia e i diritti sociali in nome del sostegno a oltranza verso l’Ucraina e che non si può mettere in discussione la nostra libertà in nome di teorie scientifiche strampalate prive di fondamento. Niente di trascendentale, quindi. Nessun nuovo Hitler, nessun nuovo Mussolini. Semplicemente la Commissione Europea non ammette dissenso verso le sue politiche. In compenso gli eurocrati hanno scoperto il gusto del controllo pervasivo (alla cinese, direbbe qualcuno) soprattutto da quando hanno visto che cose come il traffico di dati biometrici o i “pass” sono pur sempre un bel business pronto a rendere miliardi.

E poi l’impensabile: a dire che l’Unione Europea è una oligarchia tecnocratica sono gli americani! Una cosa che solo pochi mesi fa sarebbe sembrata impensabile, visto che gli Stati Uniti hanno sempre voluto dare ad intendere che, sotto sotto, l’Unione Europea è una loro appendice. La rielezione di Donald Trump alla presidenza, dopo quattro anni di un Biden che è arrivato alla presidenza in modo quanto meno controverso, ha colto di sorpresa un po’ tutti nel Vecchio Continente. Trump in campagna elettorale ha promesso di mettere fine alla guerra russo-ucraina ed è proprio quello che sta facendo, per giunta elargendo bacchettate tanto agli eurocrati quanto a uno Zelensky poco propenso a sedersi al tavolo delle trattative.

Il cambio di passo ovviamente non fa piacere alle ienette baltiche di Bruxelles, che si vedono escluse da ogni possibilità di mettere bocca sull’armistizio, soprattutto dal trarne vantaggio.

Dove andranno a finire i contratti per la ricostruzione dell’Ucraina? Dove andrà a finire il tradizionale monopolio industriale dei tedeschi sull’Est europeo? Così le ienette si mettono a sbraitare che la Russia vuole invaderci, che “non si accontenterà dell’Ucraina”, evocando scenari da Guerra Fredda con i carri armati russi per le strade di Parigi o addirittura Lisbona. Gli americani non le mandano a dire e accusano l’Unione Europea di essere quello che è: una tecnocrazia oligarchica e guerrafondaia che non vuole assolutamente la cessazione delle ostilità. D’altra parte il ricorso alla guerra è una mossa tipica da parte di Stati e enti sovranazionali screditati nei momenti di crisi. Può avvenire con l’attacco a una nazione più debole, oppure come estrema difesa verso nemici più interni che altro. Non è difficile immaginare come un carrozzone assolutamente privo di consenso interno quale la UE possa voler ricorrere alla guerra semplicemente per mettere a tacere il dissenso interno e affermarsi come attore sulla scena globale. Quello che le ienette bionde rifiutano di ammettere è che gli equilibri mondiali sono leggermente cambiati rispetto agli anni Novanta. Finita l’Unione Sovietica l’unica vera potenza erano gli Stati Uniti più, in una percentuale molto minore, Francia e Gran Bretagna. Oggi la prima prende calci per tutta l’Africa da parte di russi e turchi, la seconda è in preda a una crisi interna che secondo qualcuno potrebbe un domani sfociare in una guerra civile. Gli eserciti europei sono più o meno tutti sottodimensionati e arretrati sul piano tecnologico, con la strana eccezione dell’Italia che per la prima volta da decenni si vede dotata di forze armate consistenti e moderne. A cosa servirà questa potenza militare italiana? A chi deve fare la guerra l’Italia? Quali interessi deve difendere che non siano gli oleodotti altrui? Sarebbe interessante se i signori Tajani e Crosetto ci dessero una risposta precisa. Anzi, gli dobbiamo dare merito di avere gettato acqua sul fuoco più volte rispetto alla prospettiva di inviare forze in Ucraina.

E la Nato?, ci chiederete. Già, la Nato. Non è una novità che dai tempi di Obama gli Stati Uniti stiano esortando i Paesi europei a spendere di più per la difesa e per rendersi meno dipendenti dall’industria bellica americana. Non entriamo nel merito delle deliranti proposte di includere l’Ucraina nell’alleanza atlantica, ma ci limiteremo a osservare come un po’ tutto l’Est europeo sia placidamente transitato dalla tutela sovietica a quella occidentale senza tentare di sviluppare una posizione propria. Paura del ritorno dei russi? Lo sciagurato caso del Kosovo dovrebbe dimostrare che la Nato non si occupa solo di difesa, ma spesso adotta delle posizioni offensive e di guerra preventiva francamente preoccupanti. Dunque, gli americani già da prima di Trump vogliono un maggiore impegno economico da parte degli europei, nel contempo per la prima volta da quando la Nato stessa è stata messa insieme rifiutano di svolgere una funzione di tutela nei suoi confronti. Qui arriviamo a un altro tormentone degli ultimi giorni, la creazione del fantomatico esercito europeo. Dunque, sul tavolo abbiamo una Nato un po’ meno americana e la prospettiva di un esercito comunitario da usare in funzione anti-russa. E se gli Stati Uniti uscissero dalla Nato rendendola di fatto l’esercito europeo che le ienette bionde vorrebbero? E se la prossima Guerra Fredda prefigurasse lo scenario di un’Europa nemica tanto della Russia quanto degli Stati Uniti? Non è improbabile. Ci permettiamo di segnalare che l’ultimo a supervisionare la costruzione di una forza armata europea è stato il signor Himmler, e non è andata a finire bene.

C’è poi un ultimo aspetto di cui molti non sembrano rendersi conto. Se negli anni Novanta gli Stati Uniti erano l’unica superpotenza rimasta, oggi chiunque deve fare i conti non solo con una Russia rediviva sul piano militare, ma con una Cina dotata del più grande esercito del mondo in costante aggiornamento tecnologico; non si può poi prescindere da un’India sempre più determinata ad affermarsi sullo scacchiere mondiale, capace di accantonare i suoi pur recenti contrasti con la Cina, infine c’è una Turchia che oggi vuole giocare su tutti i tavoli, membro della Nato ma non si sa per quanto ancora. Una cosa è certa, la Turchia nell’esercito europeo delle ienette, ovvero nella Nato senza Stati Uniti, diventerebbe automaticamente un nemico. A proposito di Turchia, quanti sanno che insieme a Iran, Iraq, e Pakistan ha dato vita a un tavolo a quattro che con tutte le probabilità possiede protocolli di collaborazione militare più o meno riservati? Eh, ma come facciamo noi in Italia il caffè…

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