Satrapi, sotto-satrapi, e satrapetti

Satrapi, sotto-satrapi, e satrapetti

Mentre ieri il mondo si divideva tra favorevoli ai dazi americani e contrari, a Roma è accaduto l’imprevisto: la legge elettorale della Regione Campania, che aboliva il divieto di un terzo (e di un quarto, e di un quinto…) mandato al presidente, è stata dichiarata incostituzionale dalla… Corte Costituzionale.

Molti, a cominciare dal diretto interessato Vincenzo De Luca, eterno sindaco di Salerno e poi eterno presidente di Regione, l’hanno considerata una bocciatura personale, ma ricordiamo che questa sentenza colpisce l’altro eterno presidente di Regione, quello Zaia che in Veneto governa da quindici anni.

Questo succede proprio quando la Provincia Autonoma di Trento approva una legge che verosimilmente porterà a una probabilissima terza elezione per il presidente Fugatti, che si avvia verso l’eternità come i due sopra citati: la Corte Costituzionale sarà chiamata a pronunciarsi anche su questo? Staremo a vedere.

Per quanto ci riguarda siamo ben lontani dallo sbandierato limite di due mandati con cui si sono riempiti a suo tempo la bocca i grillini, tanto più che loro stessi lo hanno ampiamente rinnegato blaterando prima di “mandato zero” e poi lasciando cadere la cosa nel silenzio. Del resto il loro presidente Conte oggi pretende di riciclarsi come pacifista e voce critica dell’eurocrazia quando nel passato ha avallato qualsiasi corbelleria venisse da Bruxelles, soprattutto ce lo ricordiamo per le nefandezze di cinque anni fa: “vi concediamo”, “non vi concediamo”, “solo congiunti”, e altre belle pensate delle quali i più sembrano essersi dimenticati. D’altra parte un contributo significativo alla sua manifestazione del 5 aprile sembra averlo dato la cantante partenopea Rita De Crescenzo, già nota alle cronache per la sua “invasione” di Roccaraso e per le sue uscite trash. Conte e soci vorranno candidarla, anche al netto di una fedina penale non proprio specchiata? Se gli conviene sono capacissimi di rimangiarsi, tra le tante cose, anche quella HONESCDAAAAAH!1!1! con cui ammorbavano i social all’inizio della loro parabola.

Ma torniamo alle Regioni. Il problema non è tanto, o non solo, la durata temporale dei loro presidenti. Il problema è l’avere trasformato l’Italia in un guazzabuglio federalista alle cime di rapa.

Di questo è artefice la sinistra, per chi non se lo ricordasse fu il governo D’Alema nel lontano 1999 a modificare il titolo V della Costituzione creando i presupposti per il disastro finanziario affidando alle Regioni il controllo sui trasporti e sulla sanità. Al netto delle dichiarazioni trionfalistiche di certe regioni soprattutto nordiche, bisogna sottolineare che da subito si è creato il fenomeno delle transumanze sanitarie, col risultato che sono molte Regioni del Sud a mantenere quelle del Nord attraverso i rimborsi sanitari. A Sud abbiamo una desertificazione sanitaria e bilanci che fondamentalmente coprono gli stipendi del sempre più numeroso personale amministrativo, a Nord un certo livello prestazionale che richiama “clienti” da ogni dove.

Senza dimenticare che la sanità stessa è non solo un centro di potere politico e clientelare, ma soprattutto una voce di spesa enorme su cui tutti vogliono mettere le mani.

E, se la sanità non gode sotto il regionalismo, il trasporto pubblico locale versa in condizioni tragiche, anche nella tanto decantata Lombardia del fare e dell’efficienza. All’inizio degli anni Duemila perfino l’oggi sgangheratissima Circumvesuviana, la rete ferroviaria dell’hinterland partenopeo, offriva un servizio accettabile, dopo la regionalizzazione può regalare ai suoi utenti una splendida esperienza terzomondiale. In Abruzzo le ferrovie locali sono praticamente scomparse, in Toscana la Regione ha rimesso in mano ai francesi tram e autobus come all’inizio del Novecento, proprio un bel progresso. Un altro effetto perverso della regionalizzazione è la scomparsa di molte corse dirette tra Regione e Regione, obbligando i malcapitati passeggeri a itinerari demenziali (pensiamo a chi deve spostarsi tra Liguria e Toscana) o a spendere sempre di più per dei treni veloci le cui tariffe sono raddoppiate rispetto al 2019.

Soprattutto, la regionalizzazione di servizi sanitari e trasportistici ha creato l’ennesimo buco nero del debito pubblico che nessun presidente si sognerà mai di colmare, soprattutto dopo la manna insperata dei fondi europei e del PNRR.

PNRR col quale non vengono rattoppate le buche sempre più profonde delle strade ex-Anas, ma con cui si realizzano migliaia di chilometri di inutilissime piste ciclabili che fanno contente soprattutto le ditte che le realizzano.

Non dimentichiamo, per concludere, che alle Regioni viene consentita licenza di uccidere a livello fiscale non solo attraverso le famigerate Irpef e Irap, ma grazie a tutta una ridda di addizionali del cui costo ci accorgiamo soprattutto quando paghiamo le bollette della corrente e del gas. Casualmente, più a Sud si va, più costano. Come le assicurazioni, tanto per citare un altro caso.

Non sarà che il problema è l’esistenza delle Regioni stesse piuttosto che la permanenza sul seggiolone di determinati figuri? Da questi piccoli esempi abbiamo potuto vedere come il tanto sbandierato federalismo si traduce solo in un aumento indiscriminato dei costi per tutti, altro che rispetto dell’identità locale e altre fesserie simili con cui si tenta di giustificare questo stato di cose.

Le Regioni vanno abolite, punto.

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