Naufragio in Sicilia

Naufragio in Sicilia

 Il macabro naufragio del Bayesian: incidente o crimine?

  La rapidità con la quale i media allineati tendono ad accantonare fatti ed eventi che potrebbero anche solo lontanamente nuocere ai suoi padroni è di per sé un motivo per sospettare sempre delle narrazioni ricamate ad hoc dal loro esercito di impiegati (i cosiddetti “professionisti dell’informazione”),  la notizia del naufragio del Bayesian non fa eccezione. Infatti, sebbene la tragica fine di questo celebre veliero sia stata rapidamente liquidata dalla quasi totalità della stampa e dei media, come un fatale disgrazia, sono molti gli aspetti di questa storia che gettano dubbi sull’ipotesi dell’incidente. Del resto, non sarebbe la prima volta: si pensi, ad esempio, all’affondamento del Titanic e ai numerosi indizi che sembrano accomunarlo alla creazione della Federal Reserve Bank, la banca centrale degli Stati Uniti, perché se è vero che “il mare è traditore”,come dicono i siciliani, gli uomini lo possono essere ancora di più.

  Anche la tragedia del Bayesian presenta indizi lampanti che smentiscono la tesi dell’inevitabile fatalità, avallando piuttosto la possibilità che si sia trattato di un episodio iscritto all’interno di un copione sinistro che include spie, potenti tecnocrati, politici, ombre della “palude” nordamericana e, soprattutto, personaggi coinvolti nell’attentato statunitense dell’11 settembre.

  Costruito nel 2008 presso i prestigiosi cantieri della Perini Navi di Viareggio e varato con il nome di Salute, il Bayesian fu concepito come qualcosa di immenso: un’imbarcazione maestosa, inaffondabile, dalla stazza di quattrocentosettantatré tonnellate e un albero maestro che raggiungeva la straordinaria altezza di settantacinque metri, la più alta al mondo. Gli interni erano stati decorati secondo lo stile giapponese dallo studio francese Rémi Tessier Designe e poteva ospitare una dozzina di invitati, offrendo loro un servizio di primo livello. La sua eleganza, affidabilità e tecnologia erano tali da fargli ottenere due prestigiosi premi: quello per i migliori arredamenti interni dell’Intenational Superyacht Society Awards nel 2008 e il titolo di miglior yacht a vela con lunghezza superiore ai 45 metri nel 2009 Word Superyacht Awards.

  Per il suo valore economico sembrava accessibile ad una ristrettissima cerchia di paperoni, però, appena cinque anni più tardi, fu acquistato da Angela Bacares, come regalo per suo marito Mike Lynch, un tecnocrate noto come il Bill Gates britannico, il quale gli cambiò il nomein Bayesian, in onore dell’inferenza bayesiana, uno dei differenti metodi statistici che aveva utilizzato affinché la sua impresa, l’Autonomy Corporation, crescesse fino a convertirsi in un colosso della tecnologia. Da allora, la famiglia Lynch periodicamente si allontanava dalla frenesia londinese per solcare i mari a bordo del magnifico Bayesian.

  Lo stesso accadde il 18 agosto scorso, quando Mike decise di festeggiare la sua assoluzione nel processo per frode che l’aveva visto imputato insieme al suo ex socio e vice presidente dell’Autonomy Corporation, Stephen Chamberlain. In quello che sarebbe stato il suo ultimo viaggio lo accompagnavano, oltre alla moglie Angela e sua figlia Hannah, una dozzina d’invitati di lusso, tra cui il banchiere Jonathan Bloomer e l’avvocato Chris Morvillo, che l’aveva assistito durante il processo svoltosi in primavera a San Francisco.

  Quel giorno lo yacht era salpato dal porto di Palermo di primo mattino. Nel pomeriggio la signora Lynch aveva esternato al capitano James Cutfield la propria preoccupazione per l’affacciarsi all’orizzonte di un ammasso di nuvole scure, ma il comandante dell’equipaggio le disse di non preoccuparsi e che presto il vento le avrebbe dissipate. Le nubi però non sparirono. Secondo i dati di navigazione AIS (Automatic Identification System), alle 3:50 del mattino il Bayesian già si trovava nel mezzo di una tempesta implacabile: travolto da una pioggia ostile e onde spietate, con l’ancora già fuori uso, il superyacht roteava su se stesso dominato da un vento furibondo, mentre l’acqua inondava rapidamente la sala macchine. Tra pianti, grida e preghiere, Cutfield ebbe appena il tempo di inviare un SOS alla guardia costiera di Bari, perché poco istanti dopo il sistema collassò lasciando l’intera imbarcazione al buio. Un pescatore ha testimoniato di aver visto, da casa sua, il bengala rosso lanciato dallo yacht spuntare da una sorta di mini tornado e di essere corso verso la costa per prendere la sua barca e prestare soccorso. La tempesta però era cosi violenta che a stento riusciva a remare e quando pensava di aver raggiunto l’imbarcazione si rese conto di essere arrivato troppo tardi: vide infatti solo alcuni cuscini e delle assi galleggiare sull’acqua… in soli 16 minuti il mare si era ingoiato l’inaffondabile Bayesian.

  Una dei naufraghi, Charlotte Golunski, aveva cercato di nuotare tra onde alte 15 metri e allo stesso tempo di evitare che la sua bambina di un anno, Sophia, affogasse. Quando ormai credeva che le forze stessero per abbandonarla e che il mare le reclamasse, furono tratte in salvo dall’equipaggio della goletta olandese Sir Robert Baden Powell che, nonostante la forte pioggia ed il vento assordante, era riuscito ad individuarle. Poco dopo, furono recuperati altri 13 naviganti dello yacht affondato, tra cui anche la signora Lynch. I corpi senza vita del marito Mike, della figlia Hannah e di altri cinque passeggeri furono recuperati solo successivamente.

  Nei primi giorni che seguirono al tragico evento i giornalisti scandagliarono la costa in cerca di testimoni che potessero fornire dettagli sulle cause del naufragio; ma quante più domande facevano, tanto più risultava misterioso. Agli esperti appariva quanto mai inspiegabile come, pur navigando a poco distanza l’uno dall’altro, il solido Bayesian fosse affondato cosi rapidamente, mentre una vecchia goletta olandese, costruita nel 1956, non avesse riportato alcun danno in seguito alla tempesta. A tal proposito, intervistarono Giovanni Costantino, fondatore e amministratore delegato di The Italian Sea Group, la proprietaria di Perini Navi, il quale ribadì che il super yacht era inaffondabile e che la responsabilità del naufragio ricadeva tutta sull’equipaggio, che aveva sottovalutato il maltempo non avvisando i passeggeri. Sembra che i pubblici ministeri che indagano sul naufragio concordassero con le dichiarazioni dell’impresario, perché convocarono il capitano e lo sottoposero ad un rigoroso interrogatorio.

  L’attenzione degli inquirenti indugiò soprattutto sulle evidenti negligenze e disattenzioni che il cinquantenne Cutfield, esperto marinaio neozelandese che conosceva perfettamente il Mediterraneo e da circa una decade lavorava su yacht di lusso e navi da crociera, commise la notte dell’affondamento. Per cominciare, lasciò sollevata la chiglia mobile, una specie di pinna che serve per bilanciare il peso dello scafo in caso di vento forte e mare molto mosso: se la deriva fosse stata abbassata completamente, l’imbarcazione avrebbe avuto maggiore stabilità. Inoltre, lasciò i portelli e i boccaporti aperti, così come il portellone laterale, i motori ausiliari spenti e l’ancora abbassata. Per giunta, il veliero si trovava in una posizione contraria alle norme più elementari della navigazione, in quanto aveva affrontato le onde e il temporale lateralmente e non di prua.

  Ma l’aspetto più curioso della vicenda è che quella notte il capitano non avvisò nessuno dei passeggeri che si stava avvicinando uno spaventoso temporale, neppure dopo che la signora Lynch gli aveva esternato i propri timori. Nelle ore precedenti alla catastrofe Cutfield preferì mantenere un silenzio inspiegabile. Durante l’interrogatorio degli inquirenti disse che non si era preoccupato del maltempo perché non aveva ricevuto nessuna allerta meteorologica. Affermazioni che sorpresero i pescatori che avevano assistito all’affondamento dell’elegante yacht: «Non ci saranno stati avvisi, però a mezzanotte già era chiaro che stava arrivando qualcosa di brutto. Il cielo era pieno di lampi, tant’è che nessuno uscì a pescare.», commentò uno di essi. Inoltre, secondo le testimonianze dei superstiti, al sopraggiungere della tempesta nessun marinaio corse ad avvisare i passeggeri nei propri alloggi intimandogli di salire in coperta: quelli che  abbandonarono le proprie cabine, come nel caso della madre con la bambina, lo fecero di propria iniziativa. Infine, il bengala di emergenza  avvistato dal pescatore e inspiegabilmente sparato solo alle 04:38 della mattina, ovvero, quando il Bayesian era già sommerso sul fondo del mare: perché non fu lanciato prima?

  Una tale incomprensibile condotta del capitano e del suo equipaggio porta inevitabilmente a chiedersi se realmente si possa parlare di omicidio colposo o se, piuttosto, non sia il caso di considera anche l’ipotesi dell’assassinio, di un crimine premeditato. Ma perché si possa ipotizzare un delitto è necessario indagare un fattore essenziale: la causa, la ragione che lo sottende. Perché il comandante avrebbe intenzionalmente affondato la propria imbarcazione? Per quale motivo avrebbe posto fine all’esistenza del suo principale cliente? Perché un intero equipaggio si sarebbe reso complice di un’azione tanto spietata come l’annegamento intenzionale di un gruppo di dodici persone? Provare a dare risposte a tale interrogativi implica, in primis, scandagliare la vita delle vittime, cominciando da quella del proprietario del Bayesian.

  Michael Richard Lynch non era ricco di nascita. Figlio di un’infermiera e di un pompiere irlandesi, visse la sua infanzia, a cavallo tra i ’60 e i ’70, nella cittadina inglese di Chelmsford, nella contea dell’Essex. Nonostante le umili origini, fin da bambino Mike aveva grandi ambizioni e dopo aver studiato Scienze naturali presso il Christ’s College di Cambridge conseguì un dottorato di ricerca in reti neurali artificiali e apprendimento automatico. Prima di compiere venticinque anni, grazie ad un prestito di 2.000 sterline negoziato in un bar, Lynch fondò la sua prima azienda: la Lynett Systems Ltd, una fabbrica di prodotti audio, i cui guadagni gli consentirono, nel 1991, di dar vita a Cambridge Neurodynamics, un’impresa informatica specializzata nel riconoscimento delle impronte digitali. Cinque anni più tardi, fu la volta di HP Autonomy, una società di software di ricerca che in breve tempo divenne una delle più redditizie del Regno Unito, valendogli il soprannome di “Bill Gates inglese”. Ma i due impresari dell’informatica, oltre alla straordinaria ricchezza, condividevano anche altro. Nell’ottobre del 2011, la multinazionale statunitense Hewlett-Packard, decise di acquistare Autonomy per oltre 11 miliardi di dollari (8,6 miliardi di sterline), dei quali 800 milioni finirono direttamente nelle tasche dello stesso Lynch, convertendolo in uno degli uomini più ricchi del Regno Unito. Mentre investiva tale denaro in nuove attività lucrative, incluso l’edilizia e i cavalli da corsa, nell’autunno dell’anno successivo il direttivo della Hewlett-Packard denunciò lui e l’atro ex dirigente di Autonomy, Stephen Chamberlain, con l’accusa di aver realizzato «gravi irregolarità contabili, errori di divulgazione e false dichiarazioni» che ne avevano gonfiato notevolmente il valore, dando così vita ad una disputa legale che, come visto, sarebbe durata anni.

   Ciò, comunque, non impedì la lutulenta ascesa di Lynch in ambito imprenditoriale, perché poco tempo dopo fondò la Invoke Capital, una società di venture capital (un fondo di capitale di rischio), con la quale acquistò la quota maggioranza di una società di sicurezza informatica dal nome alquanto ironico, Darktrace, la quale veniva accusata di vendere tecnologia “snake oil”, ovvero prodotti ingannevoli per realizzare truffe su larga scala.

  Lynch ne divenne il principale dirigente e, piccola curiosità, essendo un grande ammiratore del personaggio della serie cinematografica di James Bond, non solo battezzò la sua sala conferenze con il nome di alcuni suoi nemici, Dr. No e Goldfinger, ma in omaggio a Ernst Stavro Blofeld, il genio del  crimine con la cicatrice sull’occhio, fece montare nel suo ufficio un acquario pieno di piranha. Inoltre, come il leggendario 007, anche Lynch, nel 2014, fu nominato membro della Royal Society di Londra, la più antica e prestigiosa società scientifica del mondo, che vanta tra i suoi membri personaggi illustri del passato e dell’attualità, quali Isaac Newton, Albert Einstein, Winston Churchill e l’onnipresente Elon Musk. Come il magnate di origine sudafricane, anche Lynch, a partire dal 2015, divenne membro del Word Economic Forum di Karl Schwab, il quale lo elogiò per lo sviluppo della tecnologia di  Darktrace nel campo della cyber security.

  Ma di lì a qualche anno i fantasmi del passato sarebbero tornati a perseguitarlo. Nel novembre 2018, Lynch fu incriminato per frode negli Stati Uniti insieme a l’ex socio Stephen Chamberlain e  all’ex direttore finanziario di Autonomy, Sushovan Hussain, il quale sarebbe poi stato riconosciuto colpevole e condannato a cinque anni di carcere. Di fronte al rischio reale di finire dietro le sbarre, Lynch ingaggiò colui che i criminali in colletto bianco considerano il miglior avvocato statunitense, vale a dire Reid Weingarten, il quale già vantava tra i suoi clienti imputati eccellenti come l’ex direttore finanziario dell’impresa energetica statunitense Enron Richard Causey, l’ex direttore esecutivo, nonché fondatore, della società di telecomunicazioni WorldCom Bernard Ebbers, il famoso regista franco-polacco Roman Polánski e l’impresario Jeffrey Epstein. Nel febbraio del 2020 Lynch veniva formalmente sottoposto ad arresto, ma grazie alla brillante difesa di Weingarten fu rilasciato su cauzione. Il Gates britannico approfittò quindi della ritrovata libertà per volare a Seattle, dove si riunì con il consiglio direttivo di Amazon per siglare un contratto di collaborazione con  Darktrace.

  Ma il suo incubo giudiziario era tutt’altro che concluso: nel luglio del 2021 un giudice della Westminster Magistrates’ Court stabilì che poteva essere estradato negli Stati Uniti per affrontare le accuse penali di cospirazione e frode. Lynch chiese una revisione giudiziaria, ma nel gennaio 2022 la domanda fu respinta da un giudice dell’Alta Corte e il Ministro dell’Interno Priti Patel approvò la sua estradizione. Pertanto, nel marzo del 2023 veniva trasferito a San Francisco e sottoposto agli arresti domiciliari in attesa del processo. A questo giro, però, Lynch non poteva più contare sull’assistenza legale di Reid Weingarten. Decise allora di ingaggiare Christopher Morvillo, un prestigioso avvocato newyorchese.

  Il processo si aprì ufficialmente il 18 marzo del 2024: sul capo di Lynch e Chamberlain pendevano rispettivamente 16 e 15 capi d’accusa. Nelle undici settimane che seguirono, la corte ascoltò le prove e le argomentazioni fornite da Morvillo. Uno dei testimoni chiave per l’assoluzione dei due imputati fu un loro vecchio amico: il già citato Jonathan Bloomer, ovvero il presidente della banca d’affari statunitense Morgan Stanley International, il quale, all’epoca della vendita a Hewlett-Packard di Autonomy, ne aveva guidato il comitato di revisione contabile. Così, il 6 giugno dello scorso anno, Lynch e Chamberlain furono prosciolti da tutte le accuse. Al ritorno nel suo paese, il magnate britannico dichiarò sfacciatamente ai microfoni della BBC che aveva potuto dimostrare la sua innocenza solo perché era sufficiente ricco per comprarla.

  Tuttavia, il “karma” era intenzionato a perseguitare ancora i due protagonisti del processo, e con loro i due elementi chiave per la loro assoluzione, rendendoli vittime di morti assurde e quasi simultanee, che è difficile attribuire solo al caso. Poco meno di due mesi dopo la sentenza, infatti, Chamberlain prima e Lynch, Bloomer e Morvillo poi perivano in due eventi distinti, ma separati tra loro da un lasso di tempo di sole 72 ore.

   La mattina del 17 agosto del 2024, Stephen Chamberlain stava svolgendo la sua quotidiana sessione di jogging nei pressi della sua casa di Stretham, paesino della contea inglese del Cambridgeshire, quando improvvisamente fu investito da una Vauxhall Corsa blu, guidata da una 49enne di Haddenham, nel Buckinghamshire. In seguito all’incidente l’ex manager riportò gravi ferite alla testa e morì poco dopo in ospedale. Quindi, appena due giorni dopo, la tempesta del Mediterraneo che annichiliva il Bayesian e poneva fine non solo alla vita di Mike Lynch, ma anche a quella del suo amico Jonathan Bloomer e del suo avvocato Chris Morvillo. Eppure, l’aspetto più intrigante o, per meglio dire, inquietante di questa storia è ancora oggi ampiamente occultato: chi era veramente Mike Lynch?

  Come rivelato anche dalla rivista Politico, il magnate britannico, proprio come il suo personaggio cinematografico preferito, era da decenni una spia del MI6, grazie al quale, a  partire dal principio degli anni ’90,  aveva potuto costruire il proprio impero economico. I servizi segreti britannici, infatti, gli concessero finanziamenti milionari in cambio dell’accesso al sistema informatico di riconoscimento mediante impronte digitali realizzato dalla Cambridge Neurodynamics, affinché potessero spiare le chiamate e le mail dei suoi utenti. I  sovvenzionamenti  pubblici nei confronti di Lynch proseguirono anche dopo la fondazione di  Autonomy: pochi mesi dopo gli attentati dell’11 Settembre, il Pentagono stipulò con la sua impresa un contratto per la fornitura di strumenti informatici. I suoi principali clienti statunitensi erano l’esercito, la NASA, la CIA, l’FBI, la NSA: secondo un articolo del Guardian del 2003,  forniva a tutti loro sistemi avanzati di spionaggio informatico. Autonomy, inoltre, fu una delle poche aziende britanniche a trarre vantaggio dalla seconda guerra del Golfo e probabilmente non è un caso che in quel periodo l’avvocato Christopher Morvillo facesse parte della commissione d’indagine sugli attentati al World Trade Center.

  Ma l’intrigo non finisce qui: Autonomy prima e Darktrace poi si convertirono rapidamente nel rifugio, o meglio, nella copertura di molti veterani dell’establishment politica statunitense e britannica. Tra i dirigenti figurava nientemeno che Richard Perle, ex membro di spicco del Pentagono e sottosegretario alla difesa durante la presidenza di Ronald Reagan. Perle fu uno dei principali oppositori dell’accordo di riduzione degli armamenti con l’Unione Sovietica e uno dei principali sostenitori del SDI (Strategic Defense Initiative), più comunemente noto come Scudo Spaziale. Negli anni 80,  in seguito ad un’indagine dell’FBI secondo la quale aveva fornito informazioni classificate all’ambasciata israeliana e ricevuto cinquantamila dollari per favorire un’azienda produttrice d’armi sionista, fu accusato di essere una spia del Mossad. Durante la presidenza di Bill Clinton, insieme con alcuni consulenti di Dick Cheney, futuro vice presidente dell’amministrazione di George W. Bush, stilò una relazione nella quale si proponeva un piano per imporre un controllo totale del governo israeliano sulla società palestinese e si raccomandava enfaticamente l’eliminazione di Saddam Hussein. Il rapporto, ovviamente, fu accolto con entusiasmo da Bejamin Netanyahu, che in quegli anni ricopriva, per la prima volta, la carica di primo ministro. Nel luglio del 2001, tre mesi prima degli attentati dell’ 11 Settembre, Bush nominò Richard Perle presidente del commissione di esperti del consiglio di difesa statunitense e consulente particolare del segretario della difesa Donald Rumsfeld, uno dei principali architetti della seconda guerra del Golfo. Con l’avallo dei democratici, soprattutto dell’allora senatore Joe Biden, Rumsfeld e il suo assistente Perle furono infatti gli artefici delle false prove relative al supposto arsenale chimico del rais iracheno. Quindi, tre anni più tardi Perle pubblicava An end to Evil. How to win the war on terror (Estirpare il male. Come vincere la guerra contro il terrore): un testo liberticida, in cui l’autore invitava l’FBI, la CIA, le forze armate e il Dipartimento di Stato a prepararsi al meglio per affrontare in futuro nuove minacce terroristiche, implementando la vigilanza sulla società statunitense attraverso, ad esempio, l’introduzione di un documento d’identità che raccogliesse anche i dati biometrici dei cittadini. Inoltre, negli ultimi capitoli del libro, Perle proponeva di abbandonare qualsiasi processo di pace tra israeliani e palestinesi, così come una futura invasione della Siria. Nemmeno è casuale che poco dopo si sia scoperto che lo stesso Perle abbia fatto affari con i leader curdi installati nella regione settentrionale dell’Irak per lo sfruttamento dei pozzi petroliferi da essi controllati.

  Ma, come detto, costui non fu l’unico membro della “palude” a ricoprire ruoli chiave all’interno della “sua” compagnia. Del consiglio direttivo facevano parte anche John Richardson, che si era occupato di cyber security per il governo britannico, Stephen Huxter, una figura di alto livello nel team di difesa informatica dell’MI5, Dave Palmer, anche lui in precedenza impiegato all’MI5 e al GCHQ (Government Communications Headquarters), e addirittura l’ex capo dei servizi segreti britannici, vale a dire il barone Jonathan Evans, il quale, lavorando per la sezione internazionale, era diventato un esperto del movimento terroristico denominato al-Qaeda e fu promosso, casualmente, a capo della stessa solo un giorno prima dell’attentato alle Torri Gemelle.

  Inoltre, nell’agosto del 2014, Lynch assunse come vicedirettore esecutivo della cyber intelligence Jim Penrose, un ex dirigente delle operazioni di antiterrorismo della NSA, l’Agenzia per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti. Lo stesso Persone, durante un’intervista, confessò che fu Darktrace a scoprire l’ex collaboratore di CIA e NSA Edward Snowden prima che svelasse pubblicamente i dettagli di diversi programmi di sorveglianza di massa del governo statunitense e di quello britannico, come l’orwelliano progetto PRISM: un programma di sorveglianza informatica a livello globale, realizzato grazie alla totale complicità della Big Tech, ovvero di Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft.

   Infine, quale ultimo aspetto torbido di questa vicenda, va ricordato che tra i sostenitori finanziari di Autonomy ci sono stati i fondi di venture capital Innovacom e Softbank  e banche di investimento

come Goldman Sachs e UBS, che sono state determinanti per consolidare la posizione di Autonomy come leader di mercato, rendendola un obiettivo ambito da grandi multinazionali come, appunto,  Hewlett-Packard.

   Ovviamente, qui non si sta asserendo che le morti di Chamberlain, Lynch, Bloomer e Morvillo,  siano state inconfutabilmente delle esecuzioni, ma nemmeno le si può ridurre ad una tragica fatalità, come ha fatto la stragrande maggioranza dei media mainstream; anche perché è noto: al Fato non si addice lasciare indizi.

Comments

2 risposte a “Naufragio in Sicilia”

  1. Avatar Salvatore esposito
    Salvatore esposito

    Bell’articolo

  2. Avatar Nunzio
    Nunzio

    Certo, tutto è stato trattato in modo riduttivo dai media, forse perché si doveva trovare un colpevole (errore umano?) il più presto possibile. La faccenda però lascia molti dubbi che molto probabilmente resteranno senza risposte. D’altronde in certi giochi di potere, meglio non fare troppe domande perché alcune risposte potrebbero aprire un solco insormontabile che potrebbe far rabbrividire gran parte dell’umanità. C’è da fare un complimento al commento, scritto con cura e soprattutto accende i riflettori su cose che vanno al di là della più svariata immaginazione. Bravo

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