Il governo più influente d’Europa?

Il governo più influente d’Europa?

Se dobbiamo dare retta a “Politico”, sito americano di impostazione neo-con acquisito qualche anno da dai tedeschi del gruppo Springer, la signora Meloni sarebbe la personalità di governo più influente d’Europa. Questo in un periodo nel quale tedeschi e francesi, ai quali a fine Guerra Fredda fu affidata la conduzione politica del continente, si trovano nel pieno di difficoltà economiche e politiche che solo tre anni fa sarebbero state inimmaginabili. I primi stanno prendendo calci in tutta l’Africa, loro tradizionale terreno di caccia, vedendo i regimi “amici” progressivamente sostituiti da nuovi governi molto più vicini al gruppo dei Brics; i secondi non possono più lucrare sul flusso di gas e petrolio dalla Russia e probabilmente vedranno un cambio di governo dopo le elezioni politiche di gennaio. Salirà al potere la tanto temuta Alternativ für Deutschland? Dubitiamo, al massimo questo partito dovrà convivere suo malgrado con i sempre potenti cristiano-democratici, formazione da cui peraltro proviene la Von der Leyen. Alternativ für Deutschland tutto è fuorché una riedizione alle vongole del Partito Nazional-Socialista dei Lavoratori Tedeschi, come certa stampa allineata vorrebbe far credere. Si tratta piuttosto di un partito nazional-conservatore apertamente critico nei confronti della gestione della Germania e dell’Europa in sé negli ultimi anni. Ovviamente AfD porta lo stigma di una presunta vicinanza alla Russia putiniana, anche se nella realtà le posizioni in merito sono più sfumate.

Partito nazional-conservatore euroscettico è stato fino a qualche anno fa pure Fratelli d’Italia, oggi partito di governo in Italia, da cui viene il nostro presidente del consiglio. La signora Meloni, per l’appunto.

La quale signora Meloni non più tardi di tre o quattro anni fa tuonava contro le sanzioni alla Russia e considerava il suo presidente “baluardo dei valori cristiani”. Salvo rimangiarsi tutto a inizio 2022 per assumere posizioni più gradite a Washington e Bruxelles appoggiando incondizionatamente la causa ucraina dopo l’inizio della guerra contro la Russia stessa.

Sulla invasione dell’Ucraina, che poi si è tradotta sostanzialmente in una guerra di posizione che riguarda le aree di confine, si può pensare quello che si vuole, sul coinvolgimento italiano e sulla posizione apertamente bellicista invece che diplomatica qualche dubbio è legittimo averlo. Può un’Italia devastata da trentadue anni di malgoverno e distruzione pianificata della propria economia sprecare risorse importanti senza nemmeno sapere quale sarà il suo tornaconto economico a fine guerra? Può un Paese ancora sotto gli effetti delle politiche sconsiderate messe in atto nel 2020 permettersi di “aiutare” altre nazioni quando a sua volta ha contratto un debito mortale con Bruxelles? Quanti si rendono conto che il famigerato PNRR è una pietra al collo destinata, insieme a bonus e super-bonus, ad affondare quel poco che resta della nostra produttività?

Con buona pace di quelli che proprio nel 2020 invocavano l’intervendo del Fondo Europeo di Stabilità, un altro meccanismo infernale che ci avrebbe condannati a vita. Il Mes non lo abbiamo coinvolto, questo è vero, ma il PNRR produrrà gli stessi risultati. Non a caso in pochi anni abbiamo perso la Fiat, oggi trasformata in un’entità essenzialmente finanziaria dai contorni imprecisi, e poche settimane fa il governo della signora Meloni ha ceduto importanti quote del nostro sistema di telecomunicazioni a soggetti nordamericani. Sarà per questo che Elon Musk ha preso a frequentare l’Italia più di qualsiasi altro Paese europeo, al punto che gli hanno attribuito una relazione con Giorgia?

Musk è proprio uno dei motivi, secondo “Politico”, per cui oggi gli americani se devono chiamare qualcuno chiamano proprio Montecitorio. Non Scholz, ormai prossimo a diventare opposizione. Non Starmer, sempre più preso a reprimere il dissenso in patria e a rincorrere i deliri ecologisti pur non essendo più nella UE. E nemmeno Macron, ormai assillato da continui cambi di governo sperando che russi e cinesi non si prendano l’ennesima ex colonia africana.

La signora Meloni da euroscettica è diventata convinta sostenitrice della Von der Leyen, la cui rielezione a capo della Commissione Europea a un certo punto è sembrata in forse. Ma poi, proprio grazie ai voti dei Conservatori Europei di cui il partito della Meloni fa parte, è tornata in sella seppure con una maggioranza molto più risicata rispetto al passato. Già, perché se gli americani per parlare con qualcuno in Europa oggi chiamano Roma, è pur vero che la baronessa Von der Leyen ha il primato di avere scalzato sia il suo Paese che la sempiterna Francia dalla direzione degli affari politici di Bruxelles. Oggi comanda la Commissione a prescindere da qualsiasi posizione presa dai singoli Paesi. Si sta avverando il sogno di poveri ingenui come Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, ovvero quello di una Europa unita sotto una sola bandiera? Quello di una riedizione degli Stati Uniti nel vecchio mondo? In realtà, non tutti lo sanno, in America i singoli Stati che compongono l’Unione hanno molto più margine di manovra rispetto al governo federale rispetto a quanto le nazioni europee ne possano avere nei confronti di Bruxelles. I cosiddetti Stati Uniti d’Europa stanno rivelando il loro vero volto, quello di una tecnocrazia fortemente centralista nel quale le istanze dei Paesi che ne fanno parte vengono in secondo piano rispetto all’ideologia che guida la Commissione. Ideologia che possiamo riassumere in questi termini: devastazione del patrimonio agricolo e industriale nel nome dell’ambiente, stato di guerra permanente contro la Russia e i suoi alleati, controllo pervasivo nelle vite dei cittadini. Questa ideologia viene sostenuta con varie sfumature dalle formazioni che compongono il parlamento europeo, un’entità che ha funzioni perlopiù consultive e dove si svolge attività di lobby sperando di mitigare questo o quel provvedimento antisviluppista. Questo è quanto.

Da questo punto di vista non si può dire che il governo nella signora Meloni non sia l’alunno modello della Commissione: nessuno dei problemi che ha ereditato dal predecessore Draghi è stato risolto, anzi. L’Italia di fine 2024 è un’accozzaglia di piccole satrapie a cui manca completamente un indirizzo complessivo che non sia quello di proseguire nell’opera di sterilizzazione economica e sociale iniziata nel maggio ’92.

Per satrapie intendiamo fondamentalmente le Regioni, a cui una sciagurata riforma della Costituzione attribuisce poteri spropositati che hanno avuto principalmente l’effetto di gonfiare il debito pubblico. Ma, attenzione: se è vero che le Regioni possono spendere e spandere a loro piacimento, soprattutto per ingrossare i loro apparati dirigenziali, i vari personaggi che le amministrano non godono dello scudo penale che invece viene attribuito ai ministri del governo nazionale. Questo per dire che la Lombardia potrà pure ingrassarsi col turismo sanitario dalle Regioni del Sud, ma dovrà comunque attenersi alla linea del governo di Roma quando richiesto. Come nel 2020.

Se gli elettori di centro-destra hanno sperato di lasciarsi alle spalle il burocratismo emergenziale dei governi Conte e Draghi, se hanno sperato in qualche diminuzione delle tasse e della spesa pubblica, almeno quelli che ragionano dovranno fare i conti col fatto che è cambiato poco o niente, anzi. Il governo Meloni continua a soddisfare le richieste dei tanti clientes ormai parte costitutiva di ogni legge finanziaria. Banche, assicurazioni, una miriade di soggetti che campa di certificazioni e relativi corsi di formazione, scuole guida. Tra i grandi successi di questa amministrazione infatti annoveriamo autentiche boiate come la “patente a punti” per gli operatori del settore edile e la riforma del Codice della Strada a fima di un Salvini che evidentemente non guida da molto tempo, altrimenti saprebbe che le cose che ha firmato sono fuori dalla realtà.

Questo sarebbe il governo che avrebbe dovuto distinguersi da un Draghi o da un Monti qualsiasi? La verità è che stiamo proseguendo lungo il cammino di mediocrità e impoverimento programmato imboccato da tutti i presidenti del consiglio da Amato in avanti.

Se questo è essere influenti, senz’altro Giorgia Meloni lo è.

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