Immaginiamo già la reazione di qualcuno: “perché gli islamisti stanno occupando l’europa…”. No, signori, noi i fondamentalisti ce li abbiamo già in casa, ma non sono islamici.
Intanto, con una rapidità quanto meno sospetta, i “ribelli democratici” hanno preso il potere in Siria e scalzato in dieci giorni il traballante regime di Assad, del quale al momento non si hanno più tracce. Le scene che si vedono sono quelle classiche delle cosiddette primavere arabe, jihadisti che sparano in aria da camionette Toyota nuove di pacca regalate da chissà chi. I “siriani democratici” altri non sono che quell’Isis che una decina di anni fa ha occupato vaste zone del fu Iraq e della Siria imponendo un regime di terrore capace di far impallidire i Talebani. Ci ricordiamo bene che, ancora nel 2013, il parlamento italiano votò a favore di finanziamenti per questa gente, d’altra parte gli ultimi trent’anni di storia italiana ci confermano una certa tendenza a sostenere sempre la parte sbagliata rimettendoci. Non veniteci a dire che il coinvogimento politico e militare italiano in posti come il Kosovo o la Bosnia ci ha regalato chissà quali vantaggi, anzi.
Così è stato con l’intervento in Afghanistan, dal quale ci abbiamo ricavato solo morti e un sacco di spese: d’altra parte, gli americani ce lo insegnano, lo scopo delle guerre dal Vietnam in poi è solo quello di spendere un sacco di soldi e creare problemi. La vittoria militare, ammesso che sia possibile, non è l’obiettivo del Pentagono a quanto sembra.
Questa volta hanno vinto i “ribelli”, un’eterogenea banda di fondamentalisti e mercenari pronta a trasformare la Siria nel nuovo avamposto del fondamentalismo religioso, proprio come hanno fatto quei Talebani prima combattuti e poi riconosciuti come interlocutore dall’occidente.
Dall’America fanno sapere che “la Siria è un casino, ma non è nostra amica, quindi gli Stati Uniti non dovrebbero averci niente a che fare. non è la nostra lotta! non facciamoci coinvolgere”. Parole di qualche oscuro sergente dei Marines?, No, è un post su X del neoeletto presidente Trump, quello da cui il pubblico e gli elettori in effetti si attendono che almeno non cominci qualche nuova guerra.
Il suo predecessore Biden continua a invitare tutte le parti in causa alla moderazione, come sta facendo da quando è iniziata la carneficina tra israeliani e palestinesi, una carneficina ovviamente tracimata in Libano con tutte le conseguenze del caso.
Il nostro ineffabile ministro degli Esteri Tajani, che ultimamente ha adottato lo stile bertolasiano di presentarsi in felpa e giacchetta con le scritte alle conferenze stampa, invita tutte le parti alla moderazione e assicura che il destino dei trecento italiani residenti in Siria verrà attentamente “monitorato”. In più Tajani si rallegra del fatto che i “ribelli democratici” si siano fregati solo tre automobili dall’ambasciata italiana. Una cosa di cui vantarsi, probabilmente sarebbe stato peggio se avessero portato via anche qualche computer o telefonino. Per la tratta delle bianche, come hanno fatto ai tempi in cui occupavano il nordest siriano, c’è sempre tempo.
Chissà se, una volta evacuati, i trecento italiani che fino a pochi giorni fa vivevano in Siria potranno mai tornarci e non saranno destinati a fare la fine dei connazionali scacciati dalla Libia tredici anni e mezzo fa, quando le bombe democratiche deposero Gheddafi.
Il leader degli ormai ex ribelli siriani, Abu Mohammad al-Jolani, è un giovane saudita che è stato detenuto cinque anni dagli americani in posti come Abu Grahib e Guantanamo. “La mia ideologia non è più la Jihad”, sostiene. Ma basta guardarlo per capire che tra poco, finiti i festeggiamenti, Damasco somiglierà molto di più a Kabul che non a quello che è stata.
Nel frattempo la Turchia, che sembra sia alle spalle di questa gente, sopporta l’ennesima ondata di profughi siriani dall’inizio della guerra civile cominciata nel 2011. Oltre ai turchi ci sono i soliti emiratini e, qualcuno afferma, anche i francesi: dopo avere preso tante batoste in Africa negli ultimi anni, almeno nel loro ex possedimento i francesi vorrebbero trovare qualche soddisfazione.
Si dice che il crollo del regime siriano in una settimana sia stato possibile solo grazie alla fine del coinvolgimento russo e iraniano, il che sembrerebbe plausibile nonostante le ripetute dichiarazioni di sostegno da parte di Mosca e Teheran. La tesi ufficiale è che i russi sarebbero troppo impegnati in Ucraina, dove per altro sono riusciti in queste ore a saldare il fronte Nord e il fronte Sud, per poter impegnare forze contro i miliziani. Quanto agli iraniani, sarebbero troppo indeboliti dagli scacchi subìti dal loro alleato Hezbollah a Gaza e in Libano, oltre che preda di un collasso interno al regime dopo una serie di omicidi eccellenti che ha decimato il governo.
Che la Russia abbia accettato sotto banco di sfilarsi dalla Siria in cambio di una posizione favorevole nei futuri colloqui di pace per l’Ucraina? Difficile dirlo, visto che a tutt’oggi mantiene due basi aeronavali nelle città costiere di Tartus e Latakia.
Il principale beneficiario del crollo siriano è ovviamente Israele, convinto che la fine di un governo nemico da sempre proteggerà il fianco delle truppe schierate in Libano: per buona misura sono state rinforzate le postazioni sulle alture del Golan, una porzione di Siria occupata fin dal 1967.
E questi sono i fondamentalisti nel Levante. Cosa fanno i fondamentalisti di casa nostra? A Bruxelles fanno sapere che presto imporranno nuove direttive sull’informazione destinate, parole loro, a combattere l’incitazione all’odio e la pedo-pornografia. Per intenderci, è vicino il giorno in cui ogni volta che si andrà su internet bisognerà presentare un documento di identità e si potrà venire sanzionati se i siti visitati non saranno di gradimento di una delle tante agenzie private di censura come Open o Facta.
Di fatto già molti siti extra-UE sono inaccessibili a meno di non possedere una VPN, e non stiamo parlando di oscure piattaforme erotiche: ci riferiamo a quotidiani online che vengono da Paesi come il Canada o gli Stati Uniti. La scusa è il mancato rispetto dei protocolli GDPR, ma siamo già al blocco preventivo di qualsiasi fonte di informazione che non sia la CNN. CNN alla quale fa evidentemente riferimento buona parte del sistema mediatico italiano, visto che le notizie sono esattamente le stesse a malapena tradotte dall’inglese all’italiano.
Chi si occupa di informatica saprà come aggirare i blocchi, esattamente come si fa in Iran o in Cina, intanto è un fatto che anche la democraticissima e liberale unione europea sta cercando di controllare l’informazione a suo vantaggio.
Non bastassero gli eurocrati, da noi ci pensano l’Ag-Com e il sagace ministro Valditara ad anticipare la tendenza: è di questi giorni il progetto di vietare ai minori di sedici anni l’uso dei social e di imporre l’ormai onnipresente spid per accedere ai siti porno e ovviamente a quelli che a loro dire promuoverebbero l’incitazione all’odio. Un concetto estremamente labile quello dell’incitazione all’odio, perché se “loro” lo decidono qualsiasi critica al governo italiano o al nascente super-Stato di Bruxelles può essere considerato tale.
Non è la prima volta che l’Italia viene scelta come “Pista Prima” nell’imposizione di scelte demenziali, lo abbiamo visto con la deindustrializzazione forzata post-golpe del ’92 e poi con le amenità del 2020, non ci sarebbe da stupirsi se il governo della signora Meloni decidesse di approvare anche forme di censura informatica.
Tutto questo nel silenzio da parte di chi sostiene le libertà individuali, a cominciare da quel mondo liber-qualche cosa che in Italia è storicamente strabico.
Come dire, i fondamentalisti sono sempre gli altri e sono tutti lontani da noi. Certo.
Del resto, a parte qualche lodevole eccezione, italiani ed europei in genere hanno ingoiato le “misure” del 2020 con qualche mugugno, ma senza colpo ferire. Chissà che certa gente non sia pronta a ricominciare, viste le notizie sulla “malattia misteriosa” che arrivano dal Congo. Una malattia così misteriosa che ha i sintomi dell’influenza (febbre, tosse, raffreddore, malditesta) e che ha già visto guarita l’unica paziente italiana ricoverata a fine novembre. Ma di questo non se ne parla. Nel frattempo noi ci portiamo avanti i postumi del 2020 con un bel carico di inflazione e impoverimento generale.
Uno studio che una fonte sovversiva e complottara quale il Censis ha presentato in questi giorni descrive l’Italia come un Paese che affronta la contingenza senza fallire definitivamente ma pure senza fare progetti o cercare di uscire in qualche modo dalla stagnazione iniziata trentadue anni fa. Con la differenza che oggi questo stato di cose non riguarda più solo noi e i greci, ma si è esteso a tutto il continente travolgendo i due ex padroni di Bruxelles che sono francesi e tedeschi.
I tedeschi sono stati bersagliati dalla fine del loro ruolo di mediatore dei flussi di gas e petrolio dalla Russia con l’inizio della guerra ucraina, i francesi stanno vedendo cadere uno dopo l’altro i regimi africani che contribuivano al loro mantenimento tramite le “commissioni” sul Franco Africano. Chi non conosce la dinamica del Franco Africano, il CFA, dovrebbe sapere che nazioni come il Senegal non sono libere di trattare le loro transazioni internazionali per via diretta, ma che tutti i pagamenti con relativo cambio CFA-Euro-Dollaro o Renmingbi passano inevitabilmente da Parigi. E’ stato calcolato che la Francia attuale senza questo parassitaggio avrebbe il Pil dell’Austria.
Ci penserà il G-qualche cosa informale avvenuto a Parigi in questi giorni con la scusa della riapertura di Notre Dame a sistemare le cose? Chissà.
Di fatto il clima di instabilità e di recessione programmata apertosi all’inizio del 2020 non accenna a lasciarci e non si vedono schiarite all’orizzonte.
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