Il potere smascherato: René Girard, Peter Thiel e la politica sacrificale nell’età multipolare

di Elena Tempestini

Rene Girard (1923-2015) è stato uno dei più multiformi studiosi della seconda metà dello scorso secolo. Cattolico, la sua concezione del mondo si basa sulla violenza mimetica (una violenza di omologazione), cioè imitativa, e il sacrificio inteso come via d’uscita da quest’ultima.

I suoi studi spaziano dalla filosofia alla psicologia passando per l’antropologia culturale. Nella sua visione sociale gli individui si fanno folla feroce non pensante e, attraverso un meccanismo di spersonalizzazione, spostano la colpa dei loro misfatti verso agenti esterni: da qui la necessità collettiva di individuare un capro espiatorio.

A lungo docente presso l’università di Stanford in California, è considerato il maestro spirituale di Peter Thiel, ideatore e fondatore della tentacolare società informatica Palantir, nota agli addetti ai lavori per la sua onnipresenza e la sua basilare collaborazione con le forze militari occidentali.

Lo stesso Thiel oggi professa la necessità di abbandonare non solo la democrazia, ma la politica stessa, per cedere il potere a multinazionali e fondi di investimento. Di base sembra uno di quei miliardari pazzi che vogliono dominare il mondo nei film di 007, con la differenza che James Bond lavora per lui.

René Girard non è stato soltanto un antropologo o un critico letterario. È stato, come ha scritto Michel Serres, un sismografo dell’invisibile, capace di leggere nel profondo dei meccanismi culturali e politici ciò che essi cercano di dissimulare: la violenza fondativa su cui ogni ordine si regge. In un mondo multipolare attraversato da guerre ibride, crisi di sovranità, erosione delle autorità religiose e istituzionali, il paradigma girardiano non ha perso attualità — al contrario, sembra essere emerso dal sottosuolo come un principio interpretativo strutturante.

Nel suo capolavoro Things Hidden Since the Foundation of the World (1978), Girard propone una genealogia radicale dell’ordine umano: non è la razionalità né il contratto sociale a fondare la società, ma la violenza canalizzata attraverso un meccanismo sacrificale.

Girard parte da un’intuizione semplice ma sconvolgente: l’uomo è l’animale più mimetico, cioè colui che desidera non per necessità intrinseca, ma perché imita i desideri altrui. Il desiderio non è mai diretto, ma triangolare:

un soggetto (A) desidera un oggetto (X) non perché l’oggetto sia in sé desiderabile, ma perché un mediatore (B) lo desidera.

Questa struttura mimetica del desiderio genera inevitabilmente rivalità, conflitto, indistinzione. Nella misura in cui gli individui imitano desideri convergenti, si trovano a competere per gli stessi oggetti: potere, riconoscimento, status. Ricompensa. Il conflitto nasce non dalla differenza, ma dalla somiglianza.

La crisi politica contemporanea può essere letta, in questo quadro, come un collasso delle differenziazioni simboliche: identità, confini, gerarchie e tabù si indeboliscono, mentre l’universalizzazione del desiderio, attraverso i media, i social, le ideologie globali, produce una tensione generalizzata e una competizione permanente.

Per Girard, le società arcaiche hanno scoperto un modo per contenere la violenza mimetica: la sacralizzazione di una vittima innocente. Il meccanismo del capro espiatorio funziona così:

La crisi di desiderio si trasforma in crisi sociale; L’indistinzione sfocia in violenza diffusa; Una vittima, esterna, vulnerabile, colpevolizzata, viene scelta per essere sacrificata; L’eliminazione della vittima ristabilisce temporaneamente l’ordine, convertendo la violenza in sacro.

Crisi → violenza → capro espiatorio → sacrificio → ordine → religione/cultura.

Tutti i miti, secondo Girard, nascono da questa dinamica, ma la modernità la dissimula sotto le forme razionali dello Stato, della legge e della rappresentanza.

Solo il cristianesimo rompe il meccanismo sacrificale dall’interno: nei Vangeli, Gesù è una vittima realmente innocente, e il testo non mitizza il sacrificio, ma lo smaschera. In questo senso, la modernità, nata dalla secolarizzazione del messaggio evangelico non può più uccidere impunemente: ogni tentativo di sacrificio viene denunciato come ingiusto.

È questo il punto cieco del potere contemporaneo: se la politica si fonda ancora su dinamiche sacrificali, ma la società non crede più alla loro legittimità, l’ordine entra in crisi permanente.

Peter Thiel: l’allievo girardiano e la Silicon Valley sacrificale

Peter Thiel, imprenditore e teorico politico non convenzionale, ha avuto Girard a Stanford quale professore negli anni Ottanta. Lo considera il suo mentore intellettuale. La sua visione del mondo che unisce transumanesimo, decisionismo e critica alla democrazia, deriva direttamente dal pensiero girardiano, ma lo rilegge in chiave strategica.

Il desiderio mimetico è il cuore della crisi del liberalismo; La democrazia produce paralisi e risentimento, non ordine; Solo l’innovazione la “start-up” come atto sovrano, può rompere il ciclo del mimetismo; Il leader deve essere un mediatore irraggiungibile, non imitabile; La tecnologia è la nuova religione, e la Silicon Valley la nuova chiesa.

Da qui il suo sostegno a Donald Trump, visto come un capro espiatorio volontario e al tempo stesso una figura cesarista che svela la crisi dell’élite liberale. Thiel non crede nella democrazia come valore in sé, ma nella possibilità di uscirne dall’alto, attraverso decisioni sovrane, tecnologie esponenziali e comunità autonome.

Oggi viviamo in un’epoca post-girardiana, cioè in un mondo dove il meccanismo del capro espiatorio è stato svelato, ma continua ad agire in forme distorte:

Gaza e Israele, dove ogni vittima pretende di essere l’unica legittima; Kiev e Mosca, dove la disinformazione trasforma la guerra in un rito virtuale di colpevolizzazione reciproca; Taiwan e il Mar Cinese, dove il desiderio mimetico delle superpotenze si concentra su simboli strategici; Il Mar Rosso, il Sahel, il cyberspazio, dove l’asimmetria non dissolve il sacrificio, ma lo moltiplica.

In questa costellazione di crisi, la politica non può più fondarsi sulla menzogna rituale, perché ogni vittima ha voce, ogni sacrificio è filmato, ogni guerra è “asimmetrica” e, quindi, priva di un ordine sacro condiviso. Tutti gridano alla propria innocenza, e nessuno può più essere ucciso senza svelare l’inganno. Quindi, dopo il sacrificio, cosa resta del potere?La domanda cruciale è: come si tiene insieme il potere, ora che il suo segreto è stato scoperto?

Il pensiero di Girard non offre soluzioni tecniche, ma una antropologia tragica e profetica. Se la violenza non può più essere sacralizzata, e se la coesione non può più essere ottenuta attraverso il sacrificio, allora l’ordine politico deve reinventare se stesso, o soccombere sotto il peso del desiderio non più controllabile. Peter Thiel, con la sua visione tecnocratica e post-democratica, propone una via d’uscita radicale: una nuova aristocrazia del codice, del capitale e della conoscenza. Ma questa proposta resta anch’essa mimetica, perché desidera uscire dal desiderio attraverso un desiderio superiore.

Girard ci avverte: non si esce dal mimetismo, se non accettando il limite, la non-violenza e la verità della vittima. Il resto è solo un ritorno mascherato del sacro.

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