L’arma sanitaria è la nuova bomba atomica

L’arma sanitaria è la nuova bomba atomica

Di Giuliano Fresi

Chi come noi si ricorda la Guerra Fredda, quella vera, non il surrogato di oggi, avrà presente film come “The day after” ed altri che raffiguravano in maniera realistica gli effetti di un conflitto nucleare. In più non c’era trasmissione televisiva di cosiddetto approfondimento scientifico che non dedicasse almeno una puntata ogni tre mesi al tema, mettendo in evidenza il famoso Orologio dell’Apocalisse, quello che misurava in termini di tempo le probabilità che il mondo venisse cancellato da uno scontro nucleare.

Le due superpotenze dell’epoca, Stati Uniti e Unione Sovietica, avevano in effetti i mezzi per distruggersi reciprocamente non solo una volta, ma almeno tre o quattro. Tralasciamo le descrizioni truculente di città devastate, di un’umanità ridotta allo stremo alle prese con l’inverno nucleare e le malattie da radiazioni: chi proprio volesse approfondire il tema può sempre cercare lo sceneggiato inglese “Threads” che è più crudo di “The day after”. C’è una cosa che i tanti teorici delle magnifiche e progressive sorti del mondo post-Guerra Fredda omettono di sottolineare, ovvero il fatto che il numero dei Paesi dotati dell’arma atomica è aumentato e che le probabilità che qualche matto, almeno a livello locale, prema il bottone sono più elevate rispetto a quarant’anni fa.

Se per ora una guerra atomica non c’è stata lo si deve a una considerazione molto semplice: chi può dirsi vincitore se il mondo viene ridotto a un deserto radioattivo? Che senso ha dominare su un campo di rovine?

A questa domanda in anni molto recenti qualcuno ha trovato una risposta. Una risposta più efficace della favoleggiata bomba ai neutroni di cui si favoleggiava negli anni Ottanta, quella che sul momento uccideva tutti ma lasciava intatta l’infrastruttura e lasciava pochissime radiazioni. Sarà mai esistita? Non lo sappiamo.

Oggi le grandi potenze, una su tutte, hanno un’arma molto più efficace e pervasiva. L’arma sanitaria. No, non stiamo parlando di fantascientifici virus modificati in laboratorio o malattie create a tavolino con effetti devastanti.

Stiamo parlando di una malattia che è talmente favolosa da non esistere affatto. Come funziona? Prendiamo una descrizione precisa degli effetti dell’influenza stagionale, li spacciamo per una malattia mortale da cui non esistono difese, diciamo alla gente di non curarsi in attesa del vaccino, e nel frattempo blocchiamo vita civile e spostamenti.

Ricorda qualcosa? Sì, è quello che è successo quattro anni e mezzo fa. Ci sono stati i morti, direte. Certo: anche l’influenza di stagione se non curata può essere letale, non solo può degenerare in polmonite ma rappresenta un pericolo concreto per tutti quelli che hanno patologie pregresse o sono molto anziani. O tutte e due le cose. Se ai cosiddetti soggetti deboli diremo di non curasi (al massimo di prendere una tachipirina) e di presentarsi in ospedale solo con sintomi gravi, cosa otterremo? E se all’ingresso in ospedale questi soggetti verranno sbattuti sotto ossigeno in terapia intensiva a prescindere dalla gravità delle loro condizioni, cosa otterremo? Semplice: quelle migliaia di morti che servono a giustificare lo stato di terrore in cui tutto il mondo precipita nel giro di poche settimane.

E se qualche medico volesse vederci chiaro ed eseguire un’autopsia perlomeno per avere un quadro preciso della situazione? Semplice, i morti verranno immediatamente cremati senza possibilità di appello in modo da non mettere in discussione la versione ufficiale dei fatti.

Nel frattempo avremo tenuto il mondo in ostaggio per anni bloccando scambi e produzione, impedendo alla gente di spostarsi e anche alle merci di circolare; impediremo di produrre reddito e imporremo misure straordinarie di recupero in modo da generare debiti infiniti per i governi.

Col risultato che le economie più deboli collasseranno, mentre quelle più forti saranno costrette a subire i dettati di quelle ancora più forti.

Oggi tutta l’Africa, tanto per fare un esempio, è in queste condizioni a prescindere dal fatto che due o tre Paesi della zona occidentale si siano sfilati dalla sfera di dominio francese per passare in quella russa e dei Brics in generale.

Ma non c’è solo l’Africa in questo stato, economie come quella del Pakistan o del Libano sono ridotte altrettanto male. Il caso del Libano è ancora più grave, perché il Paese dei Cedri è da decenni ostaggio delle mene dei vicini e viene usato come carne da macello nei loro conflitti. Un Paese che cinquant’anni fa, prima di precipitare nella guerra civile, era soprannominato la Svizzera del Medio Oriente in virtù della ricchezza dei suoi scambi commerciali. Scambi commerciali che lo hanno tenuto a galla durante tutto il periodo della guerra civile tra gli anni Settanta e Ottanta, ma che oggi sono completamente evaporati.

Sullo sfondo di tutte queste situazioni emerge sempre il solito spettro, quello del Fondo Monetario Internazionale: una sorta di appendice delle multinazionali, e da vent’anni dei fondi di investimento, pronto a balzare sulle nazioni in crisi per appropriarsi delle loro risorse a beneficio di non più di cinque o sei soggetti.

Se qualcuno si chiede a cosa è servita l’Arma Sanitaria del 2020, la risposta è questa. E anche a riaffermare la preminenza nordamericana sugli affari europei castrando all’improvviso l’apparentemente invincibile dominio franco-tedesco sugli affari europei.

La guerra, se così la possiamo chiamare visto che è alla peggio una serie di scaramucce di confine, in Ucraina ha fatto il resto e da due anni a questa parte viene usata sia come alibi per speculare sulle materie prime, sia per deviare importanti capitali verso un riarmo che in condizioni normali non avrebbe ragion d’essere. Checché se ne dica, anche ai russi sta convenendo visto che le quote di petrolio che ufficialmente non possono più arrivare in europa arrivano lo stesso attraverso India e Turchia, lasciando una scia di commissioni e mediazioni sul campo che ne aumenta invariabilmente il costo.

La pantomima mediatica delle olimpiadi di Parigi è servita per riportare almeno un po’ sotto i riflettori l’Arma Sanitaria dopo anni di presenza sotto traccia, ma c’è un nuovo capitolo di cui si parla ancora poco: è notizia di questi giorni che l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il parco-giochi di alcuni miliardari statunitensi che hanno fatto fortuna con internet e che credono di trovarsi in un film di 007, ha appena istituito una nuova emergenza legata al cosiddetto vaiolo delle scimmie in Africa.

Come malattia, il vaiolo delle scimmie è un po’ meno inventata rispetto a quella del 2020, ed è ben lontana dalla mortalità causata da “colleghe” come l’Ebola, tuttavia a Ginevra hanno pensato bene che una nuova raffica di misure sanitarie può contribuire a rialzare un mercato un po’ in declino da tempo.

Ma ci sono malfidati che hanno già cominciato a pensare che una bella dose di spostamenti limitati e campagne sanitarie pervasive può aiutare a ristabilire l’ordine in un Continente che negli ultimi anni si è preso un po’ troppe libertà rispetto al suo status post-coloniale, tra cui quella di abbandonare il Franco Africano (la moneta di alcune colonie ex-francesi che nelle transazioni internazionali viene cambiata più volte dando a Parigi una bella rendita sotto forma di commissioni) o di prendere iniziative che non contemplino gli ex colonialisti. Retorica? Sì, in parte, anche considerando che i nuovi attori africani Cina e Turchia non sono meno colonialisti dei francesi o degli inglesi. Ma c’è da dire che un conto è un’iniziativa presa dalla Gente che Piace, un altro è quando arrivano nuovi venuti a mangiare in piatti che si credevano recintati da decenni. Tra l’altro c’è un attore nell’economia africana scomparso dagli schermi radar da più di quindici anni, ed è l’Italia, che ha perso il suo ultimo mercato privilegiato nel 2011 quando i francesi hanno deciso che il petrolio libico lo volevano loro. Già che c’erano, hanno dato una spallata anche alla Tunisia, dove dagli anni Ottanta era in essere un regime amico. Per chi non se ne ricordasse stiamo parlando delle cosiddette primavere arabe, che hanno avuto soprattutto l’effetto di portare l’estremismo religioso in nazioni nelle quali non era presente.

Ma torniamo al presente. Se è vero, come qualcuno comincia a immaginare, che un’Africa presumibilmente sotto lockdown isolata dal resto del mondo e a cui si può accedere solo sotto condizioni speciali (tamponi, PCR, e tutto lo stupidario di buona memoria) comincia a diventare una prospettiva concreta, servirà senz’altro alla Gente che Piace per ricattare un intero continente e riportarlo all’ordine. Ci riuscirà la Gente che Piace? Onestamente speriamo di no, visto che con noi invece ha avuto pieno successo. Con una comunicazione interamente a senso unico abilissima nel creare amici e nemici del nuovo ordine, anzi, di quella che quattro anni fa veniva definita nuova normalità. Con una destra che in Italia nei primi mesi del 2020 invocava misure straordinarie e una sinistra che si faceva paladina delle libertà individuali, salvo poi cambiare idea da un giorno all’altro e diventare più realista del re. Ricordate chi invocava il blocco dei voli dalla Cina e chi faceva gli aperitivi sui Navigli al motto di “Milano riparte”? Ecco, in tanti se ne sono già dimenticati allora.

Del resto la polarizzazione politica italiana è più che altro un tifo da stadio (soprattutto da quando ci sono i social) tra una sinistra posseduta dalla paccottiglia della New Left americana – le scemenze che oggi conosciamo come ideologia woke – e una destra completamente arravogliata sul tema dell’immigrazione. Strano. Cinquant’anni fa la sinistra parlava di lavoro e dominio dell’uomo sulla natura mentre la destra insisteva sui concetti di Nazione e Spirito. Cinquant’anni fa, appunto.

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